La civiltà occidentale moderna è entrata in una crisi sistemica più o meno vent’anni fa. All’epoca non era ancora troppo tardi per attuare quelle riforme che ci avrebbero consentito di effettuare in modo ottimale la transizione verso un “bellissimo mondo nuovo.”
Ma in quei tempi meravigliosi, non avreste pensato neanche lontanamente alla possibilità del crollo del modello economico politico occidentale, la gente vi avrebbe semplicemente guardato con commiserazione, come se foste un bambino che non capiva l’ovvietà: che il sole dell’Occidente avrebbe brillato per sempre. Dieci anni fa, la crisi era in pieno sviluppo, le riforme erano vergognosamente in ritardo e non si vedeva nessuna facile via d’uscita. Molti esperti discutevano già volentieri della crisi dell’Occidente. In pratica, tutti sostenevano che stavamo affrontando perturbazioni serie ma transitorie e che le strutture politiche, economiche e finanziarie dell’Occidente erano abbastanza affidabili per sopravvivere a questa crisi e uscirne rinnovate, come una fenice dalle ceneri. Negli ultimi due o tre anni, solo poche persone hanno cercato di negare l’esistenza di una crisi sistemica del modello occidentale. Ci sono ancora molti ottimisti che credono che l’Occidente sopravviverà a questa crisi, ma ci sono sempre più voci raziocinanti che indicano come il collasso dell’Occidente non sia una questione di principio, ma di tempo (sta già avvenendo, bisogna solo riconoscerlo).
L’Occidente aveva perso la sua ultima, tutt’altro che ovvia, occasione di salvare se stesso quando aveva sabotato le riforme di Trump. Riforme che comunque erano in ritardo di quindici anni. Non è affatto certo che avrebbero consentito agli Stati Uniti di atterrare sul morbido, evitando così al mondo la peggiore catastrofe economica della sua storia. Le riforme di Trump erano comunque una possibilità per una transizione del genere. Come un farmaco sperimentale che viene somministrato ad un paziente oncologico terminale, se non giova, non peggiorerà di certo le cose (tanto morirà comunque), ma, chi lo sa, magari potrebbe anche salvarlo. Comunque, i globalisti americani liberali di sinistra, che hanno trasformato il Partito Democratico nella loro macchina politica e che stanno cercando di attuare negli Stati Uniti la dittatura della tolleranza totalitaria, sono pronti a commettere qualunque tipo di reato pur di mantenere il potere nelle loro mani. Due volte, negli ultimi tre anni, hanno portato gli Stati Uniti sull’orlo della guerra civile ed ora stanno avanzando, per la terza volta, a grandi passi verso il baratro.
Pertanto, la crisi sistemica del modello di economia politica globale creato dagli Stati Uniti ha causato (essendo una sua parte integrale) la più grave crisi politica interna degli Stati Uniti. A sua volta, questa crisi politica interna degli Stati Uniti ha iniziato ad avere un effetto devastante sulla politica globale. Gli Stati Uniti stanno perdendo la capacità di svolgere la loro funzione di gendarme mondiale più velocemente di quanto chiunque altro sia in grado di prenderne il posto. La Russia e la Cina si sono assunte la responsabilità di alcune regioni strategiche (Sud-Est Asiatico, Medio Oriente). Ma, allo stesso tempo, non sono ancora in grado di sostituire gli Stati Uniti a livello mondiale. Nel frattempo, la crisi sistemica provoca inesorabilmente sempre più crisi locali [in aree] dove non c’è più nessuno che possa risolverle.
In queste situazioni, in politica, come nel mondo degli affari, ci si concentra sul salvataggio delle risorse strategiche (con le quali è possibile ripristinare rapidamente l’ordine globale), mentre le attività secondarie (immondizia) vengono semplicemente dismesse. Se prima c’era ancora la possibilità di recuperarle (tenendole di riserva come ai bei tempi, quando si acquistavano le azioni di società non redditizie ma di elevata capitalizzazione artificiale), ora tutti stanno cercando di liberarsi delle risorse politiche spazzatura.
Per inciso, questo era stato notato e riferito all’epoca da George Soros, un ideologo e uno dei creatori di questo sistema morente che sta morendo insieme a lui. È un uomo molto vecchio e presto cesserà di affliggerci con le sue considerazioni sulla realtà (considerazioni, tra l’altro, molto accurate ed è per questo che è doppiamente pericoloso, come nemico).
Ma c’è una cosa di cui Soros non ha parlato. Temo che non abbia assolutamente la minima idea di come distinguere la politica dagli affari, perchè, innanzitutto, lui è un uomo d’affari. Se negli affari un bene spazzatura non può in alcun modo determinare il prorio destino, in politica, nella stragrande maggioranza dei casi, dipende solo dai leader di un determinato paese se [questi beni] saranno considerati spazzatura o se diventeranno invece molto popolari. Ecco un esempio. Nel 2013, l’Ucraina era un partner ‘di seconda mano,’ ma ancora piuttosto interessante. Per salvarla, la Russia era pronta ad investire 15 miliardi di dollari in prestiti e altri 15 miliardi in progetti congiunti (nel complesso militare-industriale e nelle infrastrutture. Nello stesso anno, la Siria veniva già considerata morta e sepolta e praticamente nessuno credeva che Assad avrebbe resistito, ci si chiedeva solo se sarebbe sopravvissuto o se avrebbe fatto la fine di Gheddafi.
Sono trascorsi sei anni e tutto si è capovolto di 180 gradi. Ora la Siria è un attore influente nella regione mediorientale, mentre persino gli ex alleati si tengono alla larga dall’Ucraina, come da un lazzaretto. Certo, Assad ha avuto il sostegno della Russia, ma vi ricordo che all’Ucraina era arrivato lo stesso sostegno un anno e mezzo prima, solo che Yanukovich e la sua banda non erano stati in grado di sfruttarlo, tradendosi a vicenda e consegnando il paese ai nazisti, quando i disordini del Maidan erano già falliti e i suoi leader si stavano preparando a fuggire o ad andare in prigione.
Ma il regime nazi-oligarchico che aveva preso il posto di Yanukovich (prima Poroshenko ed ora Kolomoisky) inizialmente aveva potuto contare su un serio sostegno da parte dell’Occidente, che aveva cercato di giocare la carta dell’Ucraina nel suo scontro con la Russia. Questo supporto aveva iniziato ad indebolirsi solo nella primavera del 2016 ed era cessato completamente agli inizi del 2017. Ma, anche allora, se l’Ucraina fosse ritornata ad una politica seria, questo sostegno avrebbe potuto, almeno in parte, essere ripristinato.
L’Occidente aveva continuato ad illudersi anche dopo l’elezione del presidente Zelensky. Probabilmente solo perchè non voleva riconoscere il completo fallimento della propria politica sull’Ucraina. In effetti, in linea di principio, i politici europei ed americani non sono affatto persone stupide, sono persone con esperienza. Sono ben consapevoli del fatto che raramente gli oligarchi diventano presidenti (Gerald Ford e Donald Trump sono l’eccezione piuttosto che la regola). Gli oligarchi però ingaggiano persone istruite, esperte e capaci di adempiere ai compiti che vengono loro assegnati da presidenti, ministri e deputati. L’elezione alla presidenza di un insignificante fantoccio indica che gli oligarchi intendono smembrare rapidamente il paese e darne la colpa a qualcuno che dovrà alla fine ’spegnere la luce a Boryspil’ [l’aereoporto di Kiev].
Per questo motivo, un presidente che non sa quello che sta facendo e non si rende conto della misura della propria responsabilità è assolutamente incapace (anche se lo vorrebbe) di impadronirsi delle leve di governo e di gestirle in autonomia. L’oligarchia ucraina non solo ha eletto un presidente del genere, ma ha anche rinominato lo stesso gabinetto di governo e ha riconfermato la stessa maggioranza alla Rada.
Dicono che sia più semplice controllare gli sciocchi. No, sono più gestibili le persone intelligenti, con loro si può raggiungere un accordo, ma gli sciocchi sono imprevedibili. Allo stesso tempo, gli sciocchi sono più conflittuali dei loro colleghi intelligenti ed esperti, non certo meno. Non comprendono i pericoli di una guerra all’interno di un gruppo di potere. In realtà, ora vediamo come, uno dopo l’altro, si stiano aprendo conflitti fra i “Servi del Popolo” [il partito di Zelensky] e i “sub-assistenti” che cercano di unirsi a loro senza successo (come il gruppo “deluso” di Portnov). La repentina ascesa al potere di questi “volti nuovi” e indifesi dovrebbe far capire all’Occidente che il paese è condannato. Quando si tenta di far fallire una società, ci sono anche anziani ed esperti amministratori che spesso cedono i posti di senior manager ai “giovani talenti” (che poi si prenderanno la responsabilità del fallimento).
Lo ripeto, l’Occidente, in principio, non aveva creduto che l’Ucraina fosse destinata ad essere sacrificata dai suoi stessi padroni. Per qualche tempo aveva atteso che Zelensky e il suo team facessero qualche azione significativa. I punti chiave erano due: l’attuazione degli Accordi di Minsk e il raggiungimento di un accordo con la Russia sul transito del gas. Il ragionamento dell’Occidente era semplice: se gli Accordi di Minsk inizieranno ad essere attuati, ci sarà la pace e l’Ucraina non dovrà più strillare che la Russia la sta attaccando e quindi non ci sarà motivo per rifiutare gli acquisti diretti di gas [dalla Russia], con la possibilità di stipulare anche un accordo per il suo transito.
È chiaro che, in tutta questa storia, l’Europa (in particolare la Germania) era la più interessata ad una fornitura affidabile degli indispensabili volumi di gas russo. È il gas più economico di tutti quelli che arrivano sul mercato dell’UE e quindi aumenta la competitività dell’economia europea. In una profonda crisi sistemica, questo è molto importante. L’attuazione degli Accordi di Minsk era di primario interesse per l’UE, come condizione per il raggiungimento di un accordo sul gas e anche come occasione per iniziare a revocare quelle sanzioni [alla Russia] che hanno danneggiato l’economia europea per decine di miliardi di dollari (durante una crisi bisognerebbe ovviamente evitare passivi del genere).
Ad esempio, i primi passi dell’Ucraina verso l’attuazione degli accordi di Minsk erano stati considerati in Occidente come una prova di stabilità da parte del nuovo governo, perché non sarebbe stato difficile implementare quegli accordi con il pieno controllo di tutti i rami del parlamento.
Ma il comportamento della delegazione ucraina nel gruppo di contatto, le continue dichiarazioni del Ministero degli Esteri e di Zelensky, dove uno contraddiceva l’altro, la necessità per il presidente tedesco Steinmeier di rassicurare personalmente Zelensky che la “formula Steinmeier” era stata inventata da lui (Steinmeier) e non da Putin, avevano rapidamente fatto capire ai politici europei che non potevano aspettarsi niente di concreto dal governo ucraino. Era chiaro che Kiev non avrebbe fatto un solo passo per uscire dal pantano in cui si era cacciata.
A sua volta, Trump ha scoperto che Kiev non lo avrebbe aiutato a denunciare le malefatte commesse dai Democratici in Ucraina. Lo stesso Zelensky non può farci nulla, nella migliore delle ipotesi, può essere usato come un mulo. Kolomoisky sta aspettando l’opportunità di negoziare; intanto negli Stati Uniti si sta per aprire un procedimento penale contro di lui, verrà sicuramente condannato in America e Gran Bretagna, le sua proprietà saranno sequestrate e gli sarà impedito di viaggiare fuori dall’Ucraina. [In questa situazione] bisognerebbe non contrattare, ma accettare tutte le condizioni, ma lui (Kolomoisky) non vuole perdere neanche un centesimo e perciò è disposto a rischiare tutto. Finora, né Zelensky né Kolomoisky hanno dimostrato di essere pronti a collaborare con Trump, il resto dei politici ucraini si muove a casaccio, perché in maggioranza sono fantocci dei Democratici e di Soros, ed è per questo che giocano contro Trump.
Infine, Gazprom è una società sulla quale è stato detto non molto tempo fa: “Quello che è buono per Gazprom è buono per la Russia.” L’Ucraina la tempesta di stupide richieste per decine di miliardi di dollari. Non riceverà mai questo soldi, ma sputerà sangue e subirà ulteriori perdite (con il blocco dei progetti e le spese giudiziarie, che in tali controversie ammontano a milioni, se non a decine di milioni di dollari).
In generale, i “beni spazzatura” hanno deciso di rimanere “beni spazzatura” e hanno persino lottato duramente per questo risultato. In sei anni l’Ucraina, partendo da una posizione in cui tutti erano pronti a collaborare con lei e persino ad investirci, ha rapidamente attraverso lo stadio dell’indifferenza per arrivare al punto non solo di non servire a nessuno, ma anche di essere un vero e proprio fastidio per tutti. L’idea che “sarebbe meglio se non esistesse” si legge così bene sui volti dei leader occidentali che già gli esperti ucraini (anche quelli abbastanza nazionalisti e di opinioni filo-europee) hanno iniziato a parlare della fine del “Progetto Ucraina“, non in un lontano futuro, ma già adesso.
Il pericolo esterno per Kiev non è che qualcuno attacchi o distrugga l’Ucraina. Le verrà semplicemente impedito di salvarsi definitivamente da se stessa, e nessuno ha mai lavorato meglio alla distruzione dello stato ucraino dei patrioti ucraini. In condizioni di crisi non c’è tempo per la beneficenza, nessuno curerà con la forza un paziente che cerca regolarmente di mordere il medico. In questo senso, l’Ucraina ha forse ottenuto la sua più grande vittoria diplomatica: il consenso sulla sua inutilità, nocività e persino sulla sua pericolosità nei confronti degli altri ha messo d’accordo tutti i principali attori globali.
Rostislav Ishchenko
Fonte: stalkerzone.org